Molte fedi – Cammini dello spirito – Camerata Cornello

Storia

Il percorso si snoda su un tratto dell’antica via Mercatorum che collegava la valle Seriana con la Valtellina e il Cantone dei Grigioni. In realtà la funzione della via Mercatorum era anche, e forse soprattutto, quella di consentire ai mercanti e ai commercianti di toccare, con un tracciato comodo e adatto al trasporto di merci, luoghi abitati per favorire traffici e commerci di sale, zucchero, vino, semi, stoffe, arnesi da lavoro e altro che non veniva prodotto in loco. Erano infatti i “trafficanti” che percorrevano questa strada, larga 160 cm (più larga di una comune mulattiera), ben costruita, con muretti di contenimento, pavimentazione regolare, canali di scolo per le acque, con i loro animali da soma e i loro carichi. E per dare loro appoggio tra Aviatico e Selvino era addirittura sorto un paese, Trafficanti appunto, così come Cornello dei Tasso si era organizzato, con i suoi portici in grado di accogliere bestie e carichi, per offrire riparo e sosta. Era un commercio importante perchè sul percorso vi erano alcuni centri ricchi e popolati (Serina nel XII secolo contava ben 1200 abitanti) altri meno ricchi o con meno abitanti, ma comunque numerosi lungo il percorso e tutti bisognosi di forniture.
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Radio 3 festeggia i 60 anni

Quando nacque il Terzo Programma, il 1° ottobre 1950, l’Italia era diversa e più povera, anzi era diverso e più povero tutto: l’economia, i consumi culturali, le comunicazioni. Eppure si aprì uno spazio nel quale risuonava una vibrazione nuova. Una radio destinata a trasmettere la bellezza del mondo: la musica, la letteratura, i libri, il teatro, la scienza, senza ignorarne i conflitti e le contraddizioni. Una radio di suoni e di idee, di musiche mai banali, di parole mai vuote. Per una cultura che non apparisse mai evasione o decorazione. Leggi tutto “Radio 3 festeggia i 60 anni”

Malati di certezze?

Gli abitanti del vasto paese della grammatica, della sintassi e del lessico – dicono recenti indagini apparse sui quotidiani – sono colpiti da estese pandemie. Il passato remoto è molto malato e, non riuscendo più a controbattere al pesante attacco del più vigoroso passato prossimo, si sta ritirando in piccole enclave regionali; spera di non morire così come è successo al trapassato remoto, ma i pronostici non sono favorevoli.

Quasi del tutto estinto è il punto e virgola. Il congiuntivo è decisamente debilitato e in affanno. Migliaia di parole, cadute nel più completo disuso, vivacchiano nei discorsi di qualche erudito o addirittura sono oggetto di campagne per evitarne la completa estinzione, come i panda…

Gli abitanti del vasto paese della grammatica, della sintassi e del lessico – dicono recenti indagini apparse sui quotidiani – sono colpiti da estese pandemie. Il passato remoto è molto malato e, non riuscendo più a controbattere al pesante attacco del più vigoroso passato prossimo, si sta ritirando in piccole enclave regionali; spera di non morire così come è successo al trapassato remoto, ma i pronostici non sono favorevoli.

Quasi del tutto estinto è il punto e virgola. Il congiuntivo è decisamente debilitato e in affanno. Migliaia di parole, cadute nel più completo disuso, vivacchiano nei discorsi di qualche erudito o addirittura sono oggetto di campagne per evitarne la completa estinzione, come i panda.

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Il mondo senza nome dei nuovi barbari

Lì lo spettacolo è affascinante: sono persone a cui non manca l’intelligenza, che crede sinceramente di costruire un mondo migliore per i propri figli, che coltiva una certa idea di bellezza, che non disprezza affatto il passato, che domina le tecniche e che sostanzialmente ha una matrice umanistico-scientifica: eppure, nel momento di disegnare il futuro, se non addirittura il presente, non fa uso di strumenti che vengono dalla tradizione e fonda il loro ragionare e il loro fare su principi affatto nuovi che, alle volte, ottengono perfino l’effetto collaterale di distruggere, alla radice, interi patrimoni di sapere e di sensibilità che giacciono nel patrimonio condiviso dell’attuale civiltà. Di fronte a questo, io vedo lo sforzo immane di ricostruire un nuovo umanesimo a partire da premesse diverse, evidentemente più adatte al mondo com’è oggi.

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Civenna – Al parco avventura

Prima di finire le vacanze estive abbiamo organizzato la gita a Civenna, in provincia di Como, vicino a Bellagio al parco avventura Jungle Raider Park. L’occasione per andare in questa località che non conoscevamo ci è stata fornita da Elena e Paolo che hanno regalato ai bambini i biglietti per i percorsi del parco avventura. Abbiamo avuto la fortuna di una bellissima giornata di sole, limpida e cristallina dopo una settimana di nuvole e pioggia.

Per arrivare a Civenna si passa da Lecco, Canzo e Asso e abbiamo incontrato diversi laghi: Garlate, Annone, Pusiano e Segrino. Dopo Asso la strada diventa tortuosa, tra boschi, piccoli borghi, prati e cascine. E’ una zona turistica che non conoscevamo e ad una prima impressione è risultata semplice e accogliente. Ci siamo fermati al santuario del Ghisallo dedicato ai ciclisti. C’è il museo del ciclismo e una terrazza con una splendida vista sul lago di Lecco e sulla Grigna.

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Confesso che ho vissuto

La mia poesia e la mia vita sono trascorse come un fiume americano, come un torrente d’acque del Cile, nate nella profondità segreta delle montagne australi, dirigendo senza posa il movimento delle loro correnti verso uno sbocco marino. La mia poesia non ha rifiutato niente di quanto ha potuto trascinare nel suo corso; ha accettato la passione, ha sviluppato il mistero, si è aperta il passo fra i cuori del popolo.

Mi è toccato soffrire e lottare, amare e cantare; nella spartizione del mondo ho conosciuto il trionfo e la sconfitta, ho provato il gusto del pane e quello del sangue. Che cosa può volere di più un poeta? E tutte le alternative, dal pianto ai baci, dalla solitudine al popolo, sono presenti e vivono nella mia poesia, e in essa agiscono, perchè ho vissuto per la mia poesia, e la mia poesia ha sostenuto le mie lotte. E se ho ottenuto molti premi, premi fugaci come farfalle di polline fuggevole, ho ottenuto un premio ben più grande, un premio che molti disprezzano ma che in realtà è per molti irraggiungibile. Leggi tutto “Confesso che ho vissuto”

2026, la vittoria dei barbari/2

Mi ha molto intrigato l’ articolo di Alessandro Baricco pubblicato da Repubblica il 26 agosto con il titolo “2026 – La vittoria dei barbari”. Mi ha intrigato fin dalle prime righe: «Ci crediate o no, quest’ articolo l’ ho scritto nel luglio 2026, cioè tra sedici anni. Diciamo che mi sono portato un po’ avanti col lavoro. Prendetela così». Baricco è un maestro di scrittura, ne conosce i trucchi e i modi per attirare il lettore e incatenarlo al testo e così ha fatto anche stavolta. Con me c’ è riuscito. Quattro anni fa scrisse una serie di articoli sul nostro giornale e ne trasse poi un libro che ebbe molto successo intitolandolo “I barbari”. Da allora questo tema è stato al centro del dibattito sull’ epoca che stiamo vivendo e sulle caratteristiche che la distinguono. Ne ho parlato anch’ io nel mio ultimo libro Per l’ alto mare aperto dove ho sostenuto la tesi che la modernità ha concluso il suo percorso culturale durato mezzo millennio ed ha aperto la strada ai nuovi barbari. Sarà compito loro porre le premesse dell’ epoca nuova, del nuovo linguaggio artistico che le darà la sua impronta, dei nuovi significati che motiveranno le sue istituzioni. I barbari in questa accezione non rappresentano necessariamente una fase oscura ma un’ epoca diversa da quella che noi moderni abbiamo costruito e vissuto.

Mi ha molto intrigato l’ articolo di Alessandro Baricco pubblicato da Repubblica il 26 agosto con il titolo “2026 – La vittoria dei barbari”. Mi ha intrigato fin dalle prime righe: «Ci crediate o no, quest’ articolo l’ ho scritto nel luglio 2026, cioè tra sedici anni. Diciamo che mi sono portato un po’ avanti col lavoro. Prendetela così». Baricco è un maestro di scrittura, ne conosce i trucchi e i modi per attirare il lettore e incatenarlo al testo e così ha fatto anche stavolta. Con me c’ è riuscito. Quattro anni fa scrisse una serie di articoli sul nostro giornale e ne trasse poi un libro che ebbe molto successo intitolandolo “I barbari”. Da allora questo tema è stato al centro del dibattito sull’ epoca che stiamo vivendo e sulle caratteristiche che la distinguono. Ne ho parlato anch’ io nel mio ultimo libro Per l’ alto mare aperto dove ho sostenuto la tesi che la modernità ha concluso il suo percorso culturale durato mezzo millennio ed ha aperto la strada ai nuovi barbari. Sarà compito loro porre le premesse dell’ epoca nuova, del nuovo linguaggio artistico che le darà la sua impronta, dei nuovi significati che motiveranno le sue istituzioni. I barbari in questa accezione non rappresentano necessariamente una fase oscura ma un’ epoca diversa da quella che noi moderni abbiamo costruito e vissuto. Leggi tutto “2026, la vittoria dei barbari/2”

Mostra fotografica “Notte in Lemine 2009”

Questa mattina è stata inaugurata a San Tomè la mostra fotografica “Notte in Lemine 2009”. E’ la prima volta in cui vengono esposte al pubblico mie fotografie e sono contento di questo risultato.  Tutto è iniziato l’anno scorso ai tempi dei preparativi per lo spettacolo “Notte in Lemine 2009”. Un evento che si stava preparando con cura coinvolgendo nell’organizzazione numerosi gruppi e associazioni del paese: come attori nelle varie scene proposte oppure nell’organizzazione logistica. La manifestazione era curata dall’Antenna Europea del Romanico e la presidente Adriana Spangaro aveva chiesto la mia disponibilità a scattare qualche fotografia notturna per la locandina dell’evento. Ho dato la disponibilità anche per realizzare la documentazione fotografica dello spettacolo e quella sera, con la mia limitata attrezzatura, ho scattato altre fotografie che in seguito ho messo a disposizione dell’associazione. Da questa occasione è nata una collaborazione che, nel corso dei mesi, è diventata sempre più frequente e amichevole.

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2026, la vittoria dei barbari

Così non sembriamo aver rinunciato a un senso, nobile e alto, delle cose: ma abbiamo iniziato a inseguirlo con una tecnica diversa, cioè muovendoci sulla superficie del mondo con una velocità e un talento che gli umani non hanno mai conosciuto. Ci siamo orientati a formare figure di senso mettendo in costellazione punti del reale attraverso cui passiamo con inedita agilità e leggerezza. L’immagine del mondo che i media restituiscono, la geografia di ideali che la politica ci propone, l’idea di sapere che il mondo digitale ci mette a disposizione non hanno ombra di profondità: sono collezioni di evidenze sottili, perfino fragili, che organizziamo in figure di una certa potenza. Le usiamo per capire il mondo. Perdiamo capacità di concentrazione, non riusciamo a fare un gesto alla volta, scegliamo sempre la velocità a discapito dell’approfondimento: l’incrocio di questi difetti genera una tecnica di percezione del reale che cerca sistematicamente la simultaneità e la sovrapposizione degli stimoli: è ciò che noi chiamiamo fare esperienza. Nei libri, nella musica, in ciò che chiamiamo bello guardandolo o ascoltandolo, riconosciamo sempre più spesso l’abilità a pronunciare l’emozione del mondo semplicemente illuminandola, e non riportandola alla luce: è l’estetica che ci piace coltivare, quella per cui qualsiasi confine tra arte alta e arte bassa va scomparendo, non essendoci più un basso e un alto, ma solo luce e oscurità, sguardi e cecità. Viaggiamo velocemente e fermandoci poco, ascoltiamo frammenti e mai tutto, scriviamo nei telefoni, non ci sposiamo per sempre, guardiamo il cinema senza più entrare nei cinema, ascoltiamo reading in rete invece che leggere i libri, facciamo lente code per mangiare al fast food, e tutto questo andare senza radici e senza peso genera tuttavia una vita che ci deve apparire estremamente sensata e bella se con tanta urgenza e passione ci preoccupiamo, come mai nessuno prima di noi nella storia del genere umano, di salvare il pianeta, di coltivare la pace, di preservare i monumenti, di conservare la memoria, di allungare la vita, di tutelare i più deboli e di difendere il lardo di Colonnata. In tempi che ci piace immaginare civili, bruciavano le biblioteche o le streghe, usavano il Partenone come deposito di esplosivi, schiacciavano vite come mosche nella follia delle guerre, e spazzavano via popoli interi per farsi un po’ di spazio. Erano spesso persone che adoravano la profondità.

Così non sembriamo aver rinunciato a un senso, nobile e alto, delle cose: ma abbiamo iniziato a inseguirlo con una tecnica diversa, cioè muovendoci sulla superficie del mondo con una velocità e un talento che gli umani non hanno mai conosciuto. Ci siamo orientati a formare figure di senso mettendo in costellazione punti del reale attraverso cui passiamo con inedita agilità e leggerezza. L’immagine del mondo che i media restituiscono, la geografia di ideali che la politica ci propone, l’idea di sapere che il mondo digitale ci mette a disposizione non hanno ombra di profondità: sono collezioni di evidenze sottili, perfino fragili, che organizziamo in figure di una certa potenza. Le usiamo per capire il mondo. Perdiamo capacità di concentrazione, non riusciamo a fare un gesto alla volta, scegliamo sempre la velocità a discapito dell’approfondimento: l’incrocio di questi difetti genera una tecnica di percezione del reale che cerca sistematicamente la simultaneità e la sovrapposizione degli stimoli: è ciò che noi chiamiamo fare esperienza. Nei libri, nella musica, in ciò che chiamiamo bello guardandolo o ascoltandolo, riconosciamo sempre più spesso l’abilità a pronunciare l’emozione del mondo semplicemente illuminandola, e non riportandola alla luce: è l’estetica che ci piace coltivare, quella per cui qualsiasi confine tra arte alta e arte bassa va scomparendo, non essendoci più un basso e un alto, ma solo luce e oscurità, sguardi e cecità. Viaggiamo velocemente e fermandoci poco, ascoltiamo frammenti e mai tutto, scriviamo nei telefoni, non ci sposiamo per sempre, guardiamo il cinema senza più entrare nei cinema, ascoltiamo reading in rete invece che leggere i libri, facciamo lente code per mangiare al fast food, e tutto questo andare senza radici e senza peso genera tuttavia una vita che ci deve apparire estremamente sensata e bella se con tanta urgenza e passione ci preoccupiamo, come mai nessuno prima di noi nella storia del genere umano, di salvare il pianeta, di coltivare la pace, di preservare i monumenti, di conservare la memoria, di allungare la vita, di tutelare i più deboli e di difendere il lardo di Colonnata. In tempi che ci piace immaginare civili, bruciavano le biblioteche o le streghe, usavano il Partenone come deposito di esplosivi, schiacciavano vite come mosche nella follia delle guerre, e spazzavano via popoli interi per farsi un po’ di spazio. Erano spesso persone che adoravano la profondità.
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Sito web dell’Antenna Europea del Romanico

Ho iniziato a gestire il sito web dell’Antenna Europea del Romanico. La richiesta è arrivata dalla direttrice Adriana Spangaro dopo che le avevo presentato il blog AlmennoEventi che sto curando da qualche mese.

Ho incontrato un pomeriggio Claudio Ferrini, la persona che aveva gestito in passato il sito, per ricevere le informazioni necessarie: indirizzi, utente e password di accesso, strumenti software e struttura del sito.

Avevo fatto presente che non avevo particolari competenze su questo tipo di lavori, ma sono stato tranquillizzato sulla possibilità di intervenire anche senza conoscenze specifiche.

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