C’è chi

C’è chi meglio degli altri realizza la sua vita.
È tutto in ordine dentro e attorno a lui.
Per ogni cosa ha metodi e risposte.

È lesto a indovinare il chi il come il dove
e a quale scopo.

Appone il timbro a verità assolute,
getta i fatti superflui nel tritadocumenti,
e le persone ignote
dentro appositi schedari.

Pensa quel tanto che serve,
non un attimo in più,
perché dietro quell’attimo sta in agguato il
dubbio.

E quando è licenziato dalla vita,
lascia la postazione
dalla porta prescritta.

A volte un po’ lo invidio
– per fortuna mi passa.

Wislawa Szymborska – da Basta così, Adelphi

Allegro ma non troppo

Buon compleanno mamma Uta
allegra, tenace e forte.

Sei bella – dico alla vita –
è impensabile più rigoglio,
più rane e più usignoli,
più formiche e più germogli.

Cerco di accattivarmela,
di blandirla, vezzeggiarla.
La saluto sempre per prima
con umile espressione.

Le taglio la strada da sinistra,
le taglio la strada da destra,
e mi innalzo nell’incanto,
e cado per lo stupore.

Quanto è di campo questo grillo,
e di bosco questo frutto –
mai l’avrei creduto
se non avessi vissuto!

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Un’adolescente

Io – un’adolescente?
Se ora, d’improvviso, si presentasse qui,
dovrei salutarla come una persona cara,
benché mi sia estranea e lontana?

Versare una lacrimuccia, baciarla sulla fronte
per la sola ragione
che la nostra data di nascita è la stessa?

Siamo così dissimili
che forse solo le ossa sono le stesse,
la calotta cranica, le orbite oculari.

Perché già gli occhi è come fossero più grandi,
le ciglia più lunghe, la statura più alta
e tutto il corpo è fasciato
dalla pelle liscia, senza un’imperfezione.

In verità ci legano parenti e conoscenti,
ma nel suo mondo di questa cerchia comune
sono quasi tutti vivi,
mentre nel mio quasi nessuno.

Siamo così diverse,
i nostri pensieri e parole così differenti.
Lei sa poco –
ma con un’ostinazione degna di miglior causa.
Io so molto di più –
ma non in modo certo.

Mi mostra delle poesie,
scritte con una grafia nitida, accurata,
con cui io non scrivo più da anni.

Leggo quelle poesie, le leggo.
Be’, forse quest’unica,
se fosse accorciata
e corretta qua e là.
Dal resto non verrà nulla di buono.

La conversazione langue.
Sul suo modesto orologio
il tempo è ancora incerto e costa poco.
Sul mio è molto più caro ed esatto.

Per commiato nulla, un sorriso abbozzato
e nessuna commozione.

Solo quando sparisce
e nella fretta dimentica la sciarpa –

Una sciarpa di pura lana,
a righe colorate,
che nostra madre
ha fatto per lei all’uncinetto.

La conservo ancora.

Wislawa Szymborska
(da Qui, 2009 – Traduzione di Pietro Marchesani)

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Non occorre titolo

Si è arrivati a questo: siedo sotto un albero,
sulla sponda d’un fiume
in un mattino assolato.
È un evento futile
e non passerà alla storia.
Non si tratta di battaglie e patti
di cui si studiano le cause,
né di tirannicidi pieni di memoria.

Tuttavia siedo su questa sponda, è un fatto.
E se sono qui,
da una qualche parte devo pur essere venuta,
e in precedenza
devo essere stata in molti altri posti,
proprio come i conquistatori di terre lontane
prima di salire a bordo.

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