«Non è difficile, » disse Leslie incautamente, e subito si affrettò ad aggiungere «be’, non difficilissimo. Ma è il tempo. Ci vogliono secoli per costruirla. Senti, non sarebbe meglio se due volte alla settimana ti portassi fuori col Dugongo?».
Ma io fui irremovibile: volevo una barca ed ero prontissimo ad aspettare per averla.
«E va bene, va bene,» disse Leslie esasperato « ti costruirò una barca. Ma patti chiari, mentre lavoro non ti voglio tra i piedi, capito? Devi startene lontano. Non devi vederla finché non è finita».
Via via che l’estate si faceva più calda decidemmo che era troppo faticoso remare lungo la costa per raggiungere la nostra baia, e così ci comprammo un fuoribordo. L’acquisto di questo motore ci rese accessibile una vasta striscia di litorale, perché adesso potevamo avventurarci molto più lontano, facendo escursioni lungo la costa frastagliata sino a spiagge remote e deserte dorate come il grano, o distese come falci di luna cadute in mezzo alle rocce contorte. Durante queste gite ebbi la rivelazione che lungo la costa si stendeva per miglia e miglia uno sparso arcipelago di piccole isole, alcune abbastanza grandi, altre che invece erano soltanto grossi scogli con un parrucchino di vegetazione posato precariamente sul cocuzzolo.
Per qualche ragione che non riuscii a scoprire, la fauna marina era profondamente attratta da quest’arcipelago e tutt’intorno alle isole, negli specchi d’acqua tra le rocce e nelle baie sabbiose, non più grandi dì un ampio tavolo, c’era un assortimento sbalorditivo di vita. Riuscii a convincere i miei fratelli a fare diverse gite in queste isole, ma, dato che i punti adatti per fare il bagno erano molto pochi, ben presto loro si annoiarono di starsene seduti sugli scogli infuocati dal sole, mentre io continuavo a pescare negli specchi d’acqua e ogni tanto dissotterravo strane e, per loro, disgustose creature marine. Queste isole, inoltre, stavano allineate molto vicino alla costa, certe ne erano separate da un canale largo non più di cinque o sei metri, e gli scogli e le secche non si contavano. Sicché guidare il Dugongo attraverso questi pericolosi ostacoli, facendo in modo che l’elica non si spezzasse urtando, rendeva ogni gita alle isole un vero problema di navigazione. Nonostante le mie suppliche, queste nostre gite si fecero sempre più rare, e io mi torturavo al pensiero di tutta quella meravigliosa vita animale che nelle limpide pozze d’acqua aspettava di essere catturata; ma non potevo farci proprio niente, per il semplice fatto che non avevo una barca. Suggerii che avrebbero potuto lasciarmi prendere il Dugongo, diciamo una volta alla settimana, così sarei andato là da solo, ma per varie ragioni loro bocciarono la mia proposta. Proprio quand’ero sul punto di perdere ogni speranza mi venne un’idea geniale: mancava poco al giorno del mio compleanno, e se sapevo manovrare bene le cose, ero sicuro che sarei riuscito a procurarmi non solo una barca, ma anche un sacco di altri oggetti necessari. Leggi tutto “La mia famiglia e altri animali”