Una nave italiana porta in salvo 350 clandestini

Clandestini“Di notte, illuminata dai nostri fari, una scena apocalittica quella che ci siamo trovati davanti. Centinaia di uomini inermi ammassati nel buio. Non lo scorderò mai”. Il comandante Francesco Barraco, ha 40 anni ed è di Trapani. È sua l’Asso 22, la nave italiana che ha messo in salvo, nelle acque libiche, 353 migranti che stavano per essere inghiottiti dalle acque.(…)

“Sono un marinaio, figlio di marinai, anch’io ho dei figli e quando ho ascoltato il “mayday”, il macchinista ha dato gas ai motori”. La radio gracchiava in continuazione: tutti gridavano “mayday”, “mayday”, chiedevano aiuto, chiedevano di essere salvati. (…)

Il peschereccio con a bordo 363 migranti: somali, eritrei, egiziani, tunisini, tra questi decine di donne e bambini imbarca acqua, i motori sono spenti ed è ingovernabile. Balla tra le onde in cerca di un miracolo. Quel miracolo si chiama “Asso 22”. È la motonave italiana del comandante Barraco, 65 metri di lunghezza, simile ad un grande rimorchiatore, con 12 uomini d’equipaggio, tutti italiani, che per mesi e mesi lavorano assistendo le piattaforme che estraggono il petrolio dal mar libico. A raccogliere il disperato messaggio di aiuto via radio un’ora prima della mezzanotte di domenica scorsa è proprio il comandante: “Avanti tutta, bisogna lasciare questo posto e dirigerci a 10 miglia da qui, la guardia costiera libica ci chiede di intervenire perché un’imbarcazione con centinaia di persone a bordo sta per affondare”.

“La nostra nave – racconta – viaggiava ad una velocità di circa 12 miglia all’ora (circa 20 chilometri orari ndr), in quel momento avrei voluto avere un motoscafo, ma il “mio” Asso 22 non mi ha mai tradito, va lento ma arriva sempre. E così è stato, abbiamo affiancato il peschereccio stracarico di persone, gridavano, avevano paura di affondare, avevano sete e si agitavano. Con delle cime abbiamo legato dei secchi per svuotare la loro imbarcazione e delle bottiglie d’acqua da bere. Si muovevano troppo ed avevamo paura che il peschereccio potesse capovolgersi ma a bordo c’erano due o tre “capoccioni” che mantenevano l’ordine e distribuivano le bottiglie d’acqua”. (…) C’era gente dappertutto, quella barca era stracolma di persone, sopra, sotto, dentro la sala macchine, un vero carnaio e quando siamo giunti a Tripoli, li abbiamo contati, uno ad uno, erano 363, molte donne e tanti bambini. Sono ritornati da dove erano partiti. Ma che fine faranno?”.

da Repubblica – Francesco Viviano

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