Ogni vita converge a qualche centro

Ogni vita converge a qualche centro,
Dichiarato o taciuto.
Esiste in ogni cuore umano
Una mèta

Ch’esso forse osa appena riconoscere,
Troppo bella
Per rischiare l’audacia
Di credervi.

Cautamente adorata come un fragile cielo,
Raggiungerla
Sarebbe impresa disperata come
Toccar la veste dell’arcobaleno.

Ma più sicura quanto più distante
Per chi persevera:
E come alto alla lenta pazienza
Dei santi è il cielo!

Non l’otterrà forse la breve prova
Della vita, ma poi
L’eternità rende ancora possibile
L’ardente slancio.

Emily Dickinson

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Kon-Tiki

“Guardate ragazzi – disse Herman orgoglioso – siamo a 850 miglia dalla costa del Perù.”
“E ne mancano ancora 3.500 fino alle isole più vicine” aggiunse prudente Knut.
“Volendo essere del tutto precisi – disse Torstein, – siamo a cinquemila metri dal fondo del mare e poche braccia sotto la luna.”

Succede ogni tanto di trovarsi in situazioni bizzarre. Ci si può arrivare gradualmente e in modo del tutto naturale ma, una volta che si è dentro fino al collo, all’improvviso ci si domanda stupefatti: ma come diavolo è cominciato tutto questo?

Per esempio, se uno si mette in mare su una zattera con un pappagallo e cinque compagni, è inevitabile che prima o poi una mattina si svegli in alto mare, forse un po’ più riposato del solito, e si metta a pensare.

Era proprio una mattina del genere, stavo scrivendo sul diario di bordo bagnato di rugiada:
“17 maggio. Mare grosso. Vento favorevole. Oggi tocca a me cucinare e ho trovato sette pesci volanti sul ponte, un calamaro sul tetto e un pesce sconosciuto nel sacco a pelo di Torstein…”.

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Non occorre titolo

Si è arrivati a questo: siedo sotto un albero,
sulla sponda d’un fiume
in un mattino assolato.
È un evento futile
e non passerà alla storia.
Non si tratta di battaglie e patti
di cui si studiano le cause,
né di tirannicidi pieni di memoria.

Tuttavia siedo su questa sponda, è un fatto.
E se sono qui,
da una qualche parte devo pur essere venuta,
e in precedenza
devo essere stata in molti altri posti,
proprio come i conquistatori di terre lontane
prima di salire a bordo.

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Sostiene Pereira

Avevo letto il libro e visto il film, dove Pereira è interpretato da Marcello Mastroianni, tantissimi anni fa e mi era rimasta impressa nella memoria la frase “Sostiene Pereira” ripetuta innumerevoli volte in tutto il libro come se si trattasse di una confessione del protagonista che ci accompagna nella sua comprensione della realtà e nel suo cambiamento interiore. Lo scrittore Antonio Tabucchi è morto il 25 marzo 2012.

“Sì, disse Pereira, però se loro avessero ragione la mia vita non avrebbe senso, non avrebbe senso avere studiato lettere a Coimbra e avere sempre creduto che la letteratura fosse la cosa più importante del mondo, non avrebbe senso che io diriga la pagina culturale di questo giornale del pomeriggio dove non posso esprimere la mia opinione e dove devo pubblicare racconti dell’Ottocento francese, non avrebbe senso più niente, e è di questo che sento il bisogno di pentirmi, come se io fossi un’altra persona e non il Pereira che ha sempre fatto il giornalista, come se io dovessi rinnegare qualcosa.”

Il fatto che lei abbia studiato psicologia mi incoraggia a parlare con lei, disse Pereira, forse farei meglio a parlarne con il mio amico padre Antonio, che è un sacerdote, però forse lui non capirebbe, perché ai sacerdoti bisogna confessare le proprie colpe e io non mi sento colpevole di niente di speciale, eppure ho desiderio di pentirmi, sento nostalgia del pentimento. Forse dovrebbe approfondire la questione, dottor Pereira, disse il dottor Cardoso, e se ha voglia di farlo con me io sono a sua disposizione. Ebbene, disse Pereira, è una sensazione strana, che sta alla periferia della mia personalità, e è per questo che io la chiamo limitrofa, il fatto è che da una parte io sono contento di aver fatto la vita che ho fatto, sono contento di aver fatto i miei studi a Coimbra, di avere sposato una donna malata che ha passato la sua vita nei sanatori, di aver tenuto la cronaca nera per tanti anni in un grande giornale e ora di aver accettato di dirigere la pagina culturale di questo modesto giornale del pomeriggio, però, nello stesso tempo, è come se avessi voglia di pentirmi della mia vita, non so se mi spiego.

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Considero valore

Riporto oggi alla memoria questa poesia che avevo già scoperto e trascritto nel lontano agosto 2005. L’occasione di ricordare questa poesia viene da una segnalazione trovata su internet del nuovo libro di Erri De Luca “I pesci non chiudono gli occhi”. Ulteriore spunto è stato l’incontro mancato ieri con l’autore ieri sera a Dalmine nell’ambito del programma “Terra: Giardino dell’Eden?”

Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente
e quello che oggi vale ancora poco.
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Piazza pulita

In questi giorni mi sono deciso a sistemare la mia scrivania senza andare per il sottile: l’obiettivo è stato quello di fare “piazza pulita” di appunti, documenti, cartelle e cartellette vecchie fino a 12 anni.

E’ un lavoro che ho meditato a lungo, ma che per mancanza di tempo e di coraggio ho sempre rimandato. Mi bloccava lo sforzo mentale che occorreva per questa attività e il dubbio che tutte queste carte potessero essere utili in qualche occasione oppure potessero essere qualcosa di importante da conservare. Ho finalmente maturato l’idea che queste carte non erano utili e nemmeno importanti: in pochissime occasioni ho avuto necessità di consultarle e nessun altro, a parte me, le avrebbe mai consultate. Avevano soprattutto l’effetto di impegnare la mia mente in modo inconscio su attività non finite completamente, su altre lasciate in sospeso da lungo tempo, su problemi marginali ancora da risolvere o su possibili migliorie da introdurre a programmi e procedure. Le carte erano lì, accumulate sulla scrivania, a ricordarmi quando arrivavo al mattino queste cose e a sottrarmi energie tutti i giorni.

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Qualsiasi cosa tu sogni di poter fare

Fino a che uno non si compromette,
c’è esitazione, possibilità di tornare indietro,
e sempre inefficacia.
Riguardo ad ogni atto di iniziativa e creazione
c’è solo una verità elementare,
ignorare la quale uccide
innumerevoli idee e splendidi piani.
Nel momento in cui ci si compromette definitivamente,
anche la provvidenza si muove.
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Soltanto il tempo è veramente nostro

Una bella riflessione sull’importanza di usare bene il tempo. Non lasciamocelo portare via, non lasciamolo scorrere inutilmente. Tutte le cose non ci appartengono, solo il tempo è veramente nostro. 

Seneca saluta il suo Lucilio

Fa’ così, mio Lucilio: rivendicati a te stesso, e quel tempo che fino ad ora ti veniva portato via con la forza o che ti veniva sottratto con l’inganno o che semplicemente ti sfuggiva di mano, raccoglilo e custodiscilo. Convinciti che la questione è proprio così come ti scrivo: che cioè ci sono momenti che ci vengono strappati via, altri che ci vengono sottratti subdolamente, altri che scorrono via da soli. Tuttavia la perdita di tempo peggiore è quella che avviene per trascuratezza. E, se vorrai prestare attenzione, ti dirò che gran parte della vita scivola via operando male, la maggior parte della vita non facendo un bel niente, la vita intera facendo altro da ciò che andrebbe fatto.

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